È molto difficile pensare che un infortunio alla mano possa influire molto in uno sport come il calcio, che fondamentalmente si gioca con tutt’altre zone del corpo. Però la realtà dei fatti è ben diversa. Essendo uno sport di natura molto traumatica e che comporta molti contatti “corpo a corpo” e cadute, succede che anche le mani degli atleti siano sottoposte a continui rischi di fratture e contusioni. È il caso di Mattia Pellegrini, attaccante di Promozione della Vigor Carpaneto Chero, che in partita aveva subito una frattura scomposta del quinto metatarso della mano sinistra. Il problema? Due settimane dopo la sua squadra avrebbe dovuto giocare la partita secca di playout per mantenere la categoria. Una stagione calcistica decisa da un singolo incontro…
Provate a mettervi nei panni di Mattia: un’annata intera di passione e sacrifici, allenamento dopo allenamento con qualunque condizione climatica, dal caldo torrido di agosto al freddo pungente di gennaio. Quanto può essere frustrante essere l’attaccante della squadra e non poter dare il proprio contributo nel momento decisivo della stagione? Proprio quando la squadra ha più bisogno di te. Per di più a causa di un infortunio alla mano, che per giocare a calcio “non servirebbe neanche”. Una beffa bella e buona! Che la mano non servirebbe per giocare a calcio l’abbiamo inserito volutamente tra virgolette perché in ogni caso una frattura del quinto metacarpo è un infortunio da non sottovalutare affatto. Richiede infatti un periodo di riposo post operatorio che varia dalle 8 alle 12 settimane, in cui prima la mano viene ingessata per immobilizzarla e permettere la calcificazione ossea, in seguito può prevedere anche un periodo di riabilitazione per recuperarne la mobilità (per approfondire prova a dare un’occhiata qui). Insomma, tornare in campo senza aver concluso per bene tutto l’iter riabilitativo post-operatorio è molto rischioso, perché in caso di ulteriori urti o traumi ad una mano non guarita si andrebbe incontro a grossi rischi di complicare la situazione.
Siamo qui a scrivere di questa situazione però perché il mestiere dei tecnici ortopedici GL SPORT è proprio quello di trovare soluzioni a questo genere di problemi. L’obiettivo è sempre quello di accorciare esponenzialmente i tempi di recupero senza però rischiare di far precipitare la situazione clinica degli infortuni. Come facciamo? Creando delle apposite protezioni su misura che vadano a proteggere in maniera perfetta le zone infortunate e che siano talmente leggere da poter essere utilizzate in campo senza incorrere in cali di prestazione.
Noi di GL SPORT, in genere, siamo conosciuti come un brand sportivo che produce fondamentalmente tre categorie di prodotti: i parastinchi personalizzati, le maschere protettive e le scarpe su misura e tendenzialmente è così, questo è quello che facciamo nella stragrande maggioranza dei casi. C’è però anche un altro ambito d’azione in cui ci siamo sempre messi alla prova ma solo su specifiche richieste dei clienti, siccome negli anni per i nostri tecnici ortopedici l’eccezione è diventata la regola. Questo “campo d’azione” sono le protezioni su misura più disparate.
Mi spiego meglio: è capitato più volte in questi anni che alcuni utenti ci contattassero, incuriositi dalle nostre lavorazioni sportive in carbonio associate al nostro background legato alle tecniche ortopediche (siamo infatti nati oltre cinquant’anni fa come un’officina ortopedica vera e propria), mostrandoci problemi totalmente diversi rispetto ad un “più classico” infortunio al volto risolvibile con una maschera in carbonio. Ci ha contattato per esempio un ragazzo che aveva una frattura alle costole da proteggere (se ti interessa il caso specifico ti consiglio questa lettura ), un altro che necessitava di un tutore al braccio, un altro ancora addirittura che aveva bisogno di un dispositivo protettivo sottocutaneo…
Davanti a queste richieste noi di GL SPORT non ci siamo mai tirati indietro e, per quanto possibile, abbiamo sempre cercato di fare quello che ci chiedevano, ovvero applicare le nostre conoscenze ortopediche utilizzate quotidianamente per reindirizzarle a qualunque tipo di necessità sportiva (e non). Negli anni abbiamo quindi creato protezioni di varie tipologie, senza una procedura standard ma cercando di trovare una soluzione nuova caso per caso partendo dal nostro background tecnico. Siamo infatti in grado di affrontare liberamente questa nuova branchia d’azione facendo quello che abbiamo sempre fatto: cercare una soluzione da zero ad ogni singolo caso che potrebbe essere di nostra competenza.
Tornando quindi a Mattia Pellegrini e la sua frattura al quinto metacarpo della mano sinistra: dopo averci contattato è passato nella nostra officina ortopedica centrale di Fidenza (PR) dove il primo passaggio è stato la scansione 3D della mano. Quindi una ricostruzione 3D realizzata con uno scanner ad alta precisione e, tenendo questa come base, con i modernissimi software di modellazione virtuale abbiamo ricreato la mano di Mattia su cui poi abbiamo agito con la “classica” lavorazione della fibra di carbonio. Dopo la scansione abbiamo dato appuntamento a Mattia il giorno successivo, per dare modo ai nostri tecnici di buttarsi a capofitto sul lavoro da fare. La maggiore “criticità” era appunto creare una scocca che andasse a coprire una superficie molto “ristretta” e affusolata come è una mano, e che allo stesso tempo si staccasse appena dalla porzione dell’arto in cui Mattia era stato operato e al cui interno aveva una placca che aiutava la calcificazione ossea. Così da creare un piccolo spazio vuoto all’altezza della frattura che potesse permettere alla zona infortunata di essere completamente isolata dagli eventuali impatti che si possono subire nel corso dell’attività sportiva.
Il giorno dopo, come da accordi, Mattia è tornato nella nostra sede per provare il prodotto finito. Risultava così:
La scocca in carbonio del tutore su misura va quindi ad “abbracciare” il mignolo e l’anulare e avvolge quasi tutto il palmo (e dorso) della mano, il tutto in un peso totale di pochissimi grammi (ed è per questo che non causa assolutamente cali di prestazioni). Viene poi legato e stabilizzato da delle chiusure in velcro regolabili, in modo da fissarsi bene alla mano e non provocare fastidi durante l’attività.
Il crash test risultava così, cosa ne dite?
Mattia si è subito convinto della soluzione, l’unico problema che poteva emergere era dato da un eventuale giudizio negativo dell’arbitro della partita. Questo perché, essendo il materiale leggerissimo ma esternamente molto duro, poteva anche essere giudicato pericoloso per gli avversari che fossero andati a contatto con Mattia. In questi casi però la soluzione è semplicissima, basta applicarci sopra un sottilissimo strato di gommapiuma (circa un centimetro) per renderlo morbido anche all’esterno. Una soluzione molto facile e immediata che rende il tutore sicuro sia per chi lo porta che per chi ci gioca attorno.
Ecco qui Mattia in azione durante lo spareggio playout che doveva assolutamente giocare:
Risultato finale? Vigor Carpaneto Chero – Alsenese 2-0. Salvezza acquisita e quindi missione compiuta!
Tutto è bene quel che finisce bene.
Pensi che potremmo aiutarti con un dispositivo di protezione creato su misura per te o per qualcuno che conosci?
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